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L’aumento sensibile di gas serra nell’atmosfera, con le sue pesanti ripercussioni a livello climatico, rappresenta un problema che è ormai impossibile ignorare e che deve essere mitigato con ogni mezzo possibile.
Ferma restando l’esigenza per qualunque comparto produttivo di mettere in atto processi più sostenibili dal punto di vista ambientale ed energetico, il settore delle costruzioni gioca oggi un ruolo importantissimo nel contrasto al riscaldamento globale.
L’estate 2022 ha segnato temperature record nei centri urbani di tutta Europa e, con l’arrivo del nuovo anno, non si ferma la ricerca di nuove strategie e soluzioni per contrastare una problematica che è inevitabilmente destinata a ripetersi anche nei prossimi mesi.
In tal senso, le ricerche non mentono: uno studio condotto dal JRC della Commissione Europea, il Centro Comune di Ricerca CE, ha analizzato la differenza tra le temperature al suolo nelle città con popolazione di oltre cinquantamila abitanti e quelle delle vicine zone rurali in un arco temporale che va dal 2003 al 2020, scoprendo che questa può raggiungere i 10-15 gradi a causa del devastante effetto “isola di calore”: si tratta di un fenomeno che produce un microclima più caldo negli spazi altamente urbanizzati, con conseguente aumento del rischio per la salute dei cittadini e pesanti ripercussioni a livello economico e ambientale.
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, inoltre, non è da escludere che entro il 2050 lo “stress da caldo urbano” possa ridurre la capacità di lavoro delle persone del 20% nei mesi estivi. La posta in gioco è quindi altissima per due ragioni fondamentali: il riscaldamento globale impatta ogni aspetto della vita dell’uomo, e circa il 75% degli europei vive nelle aree urbane.
Ma come è possibile risolvere?
Fino ad oggi, le città sono state costruite impiegando prevalentemente cemento, asfalto, metallo e vetro: tali materiali sono tuttavia concepiti per climi completamente diversi e non contribuiscono affatto a contrastare l’aumento delle temperature. Gli spazi urbani dovranno quindi essere ripensati in toto: nei materiali e nelle forme, nella densità e nella mobilità, nella gestione dell’energia e in quella dei rifiuti.
Ecco un piccolo esempio pratico: per decenni le piste ciclabili sono state realizzate utilizzando cemento o asfalto, certamente gradevoli da vedere ma non molto sostenibili. In futuro, la scelta dei materiali potrebbe orientarsi invece sulla terra battuta o su particolari tipologie di resine epossidiche che, grazie a trattamenti e additivi specifici, evitano il ristagno d’acqua e la formazione di isole di calore.
Ma questo è solo uno dei possibili percorsi per l’urbanistica di domani. Vediamo, in sintesi, quali sono le direttrici indicate come efficaci dall’Unione Europea per quanto riguarda gli edifici.
La aree urbane sono responsabili da sole del 60-80% del consumo di energia a livello mondiale e, di riflesso, di altrettante emissioni di CO2. Ridurre la loro impronta di carbonio è quindi il primo obiettivo da perseguire.
Le strade percorribili sono in questo senso diverse e prevedono prima di tutto la collaborazione delle istituzioni locali per ottenere:
Per quanto riguarda più specificamente il comparto edile, gli edifici del futuro vedranno in modo sempre più preponderante l’impiego dei cosiddetti “materiali intelligenti” come il cemento rinforzato in fibra di carbonio, il legno potenziato e i cosiddetti materiali costruttivi bio-compositi, a cui avevamo dedicato un articolo qualche tempo fa.
L’esperienza del Coronavirus e dei periodi di lockdown ha anche spinto a ripensare gli spazi abitativi, rendendoli più a misura d’uomo: le esigenze del vivere quotidiano sono cambiate, e per il prossimo futuro ci si aspetta un più facile accesso all’esterno e una maggiore comunicazione con la natura.
Gli edifici di domani dovranno anche essere energeticamente efficienti, specialmente se si considera che una porzione considerevole dell’energia che utilizziamo oggi serve appunto per riscaldare e raffrescare le nostre abitazioni, scuole, uffici. Dall’installazione di serramenti a triplo vetro all’attenzione assoluta ai sistemi di isolamento dell’edificio, fino all’integrazione sempre più massiccia di verde su coperture e facciate (si pensi ad esempio ai tetti ricoperti di piante, utilissime perché in grado di trattenere le acque piovane e isolare dal caldo e dal freddo), l’obiettivo è realizzare città più vivibili e confortevoli, meno inquinanti e maggiormente in grado di sopportare i “nuovi climi estremi”.
È in questo senso interessante notare che, già oggi, sono diverse le città in Europa che hanno iniziato a integrare la vegetazione negli edifici, sia sulle pareti che sui tetti. Il verde vivo assorbe il calore, agisce come un isolante termoacustico, migliora il microclima e incrementa la qualità dell’abitare – perché l’uomo ha bisogno di contatto con la natura! In Francia e in Danimarca, ad esempio, tutte le costruzioni devono avere, per legge, coperture verdi.
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