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Nel ventennale dell’attuale assetto societario

Schiavi s.p.a., un’Impresa in cammino

Il 23 novembre 2024 ricorre il ventennale dalla nomina di Paolo Schiavi a presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Impresa Schiavi s.p.a.: un cambiamento nel segno della continuità, come in montagna il segnavia lungo un cammino che prosegue. La nomina conferma infatti l’impegno dei discendenti Schiavi nell’attività fondata dai loro antenati oltre un secolo fa. All’elezione di Paolo Schiavi seguono gli aumenti di capitale sociale, che misurano la riuscita del nuovo assetto societario: dai 3 milioni di euro del 2006 ai 5 milioni di euro del 2020. Il ventennale ci dà l’occasione di sostare, proprio come si fa ai segnavia lungo un sentiero di montagna, per ripercorrere il cammino fatto finora dall’Impresa Schiavi e comprendere meglio come la sua storia sia diventata futuro.

La storia non è il volume più polveroso dello scaffale, un elenco di date da mandare a memoria. È piuttosto una danza: ogni volta che muoviamo un passo indietro sulle tracce del nostro passato, già ne stiamo muovendo due in avanti verso ciò che faremo noi di quel passato, di quella tradizione. Un passo indietro e due in avanti, dunque, la storia non sta ferma ma danza, è in cammino. Per questo il filologo Maurizio Bettini propone di raffigurare la tradizione non più in forma di radici, aggrappate e immobili, ma in forma di affluenti, vivaci e in movimento[1]. La storia dell’Impresa Schiavi ha affluenti lontani. Nelle rispettive date dell’11 novembre 1819 e del 22 febbraio 1846, i registri sacramentali della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo in Bossico (BG) annotano le nozze di Maffeo Schiavi (n. 1791) con Maria Caterina Surini e quelle del figlio Giorgio Schiavi (n. 1822) con Maria Agostina Pacchiani. Entrambi gli atti definisco gli sposi artisti, aderenti cioè a un’arte. Sotto la data del 14 ottobre 1895, il testamento olografo di Giorgio chiarisce quale sia l’arte che costui apprende dal padre Maffeo. L’atto, custodito presso l’Archivio di Stato di Bergamo nelle filze del notaio Francesco Rosa (14.825-14.861), elenca infatti in lascito ai figli del testatore: utensili da falegname, fabbro e muratore. Almeno dal 1819 e ancora nel 1895, dunque, la famiglia Schiavi esercita l’arte del costruire che, soprattutto nell’architettura di montagna, contempera saperi di falegnameria, muratoria e lavorazione del ferro.

Presso l’Archivio parrocchiale di Bossico, l’ottocentesca attività della famiglia si dettaglia in tre ricevute di pagamento, rilasciate al citato Giorgio Schiavi tra il 1857 e il 1858 in esecuzione di alcune opere murarie e di falegnameria per la locale Fabbriceria. Ogni ricevuta allega, a firma di Giorgio, una distinta delle opere svolte e dei materiali impiegati: giornate di lavoro, assi e chiodi di varia dimensione, travi e travetti di legno. Le ricevute si dichiarano tutte per diverse fatture di falegname e muratore, eseguite nella casa coadiutoriale più varie riparazioni ai tetti ed utensili di Chiesa. I tre documenti, composti ciascuno da ricevuta e distinta, testimoniano il profilo stabile, professionale in cui la famiglia Schiavi esercita l’arte della muratoria e della falegnameria. I lavori consegnati non risultano infatti occasionali ma svolti secondo le competenze esperte di un artigianato attivo almeno dal primo Ottocento: una traiettoria che, secondo un principio di continuità familiare, si esprime oggi nell’Impresa Schiavi s.p.a., condotta dagli eredi di Maffeo e Giorgio Schiavi, artisti di Bossico. Nei registri sacramentali della Parrocchia di Bossico, l’atto di morte per Giorgio Schiavi data all’8 giugno 1899, confermandolo muratore, falegname e fabbro: arte in cui viene formato dal padre Maffeo e in cui forma i propri figli Ermenegildo, Maffeo e soprattutto Francesco (1856-1900), i cui discendenti proseguono l’attività nella forma societaria dell’Impresa Schiavi.

Già dal primo Ottocento, l’impegno versato dagli Schiavi nell’arte della muratoria e della falegnameria non è solitario, individuale, ma coinvolge ampiamente l’intera famiglia, prefigurando uno stile mantenuto anche nell’attuale assetto societario. La consultazione incrociata di tre fonti diverse consente di misurare l’ampiezza di questo coinvolgimento: le Liste di Leva del Distretto militare di Bergamo, custodite presso quell’Archivio di Stato; i registri di Stato civile di Bossico in seconda copia, custoditi presso lo stesso ente; i citati registri sacramentali, custoditi presso l’Archivio parrocchiale di Bossico. Emerge così che Giorgio Schiavi, figlio d’arte di Maffeo e padre dei muratori Ermenegildo, Maffeo e Francesco, opera in squadra con altri parenti ancora. Risultano infatti muratori come lui i suoi cugini Giorgio e Pietro Schiavi fu Carlo, i suoi fratelli Bortolo e Pasquale Schiavi e i quattro figli di quest’ultimo: Ercole, Cristoforo, Maffeo e Odocaro.

Giorgio Schiavi fu Maffeo, lo sposo artista del 1846, esercita certamente un carisma sugli altri di casa iniziati alla stessa arte: sia per età e primogenitura sia per la competente intraprendenza con cui firma ricevute e distinte come quelle del biennio 1857-1858. Tuttavia, il fatto che Giorgio sia figlio del muratore Maffeo e cugino di altro muratore, l’omonimo Giorgio fu Carlo, lascia socchiusa l’ipotesi che gli Schiavi pratichino questo mestiere già nel Settecento, tramandandolo su più rami della famiglia al sorgere del secolo seguente. Certo è che i registri di Stato civile, compilati anche per Bossico dal 1866, riferiscono con ribattuta certezza la professione di muratore negli atti relativi agli uomini di casa Schiavi. In tali carte l’attività di fabbro e falegname sembra gradualmente sottesa, assorbita al servizio dei cantieri consegnati, preferendo sempre più la dicitura unica di muratore.

Lungo l’Ottocento la famiglia Schiavi coincide gradualmente con l’attività costruttiva, che impegna la più parte degli uomini di casa. Questa coincidenza tra famiglia e impresa matura l’ambizione di avviare un giovane Schiavi, Giorgio fu Maffeo (1884), alla laurea in Ingegneria[2]. Il ragazzo si iscrive presso l’ateneo di Torino e quindi presso quello di Padova ma, a pochi esami dalla tesi, veste la divisa alpina e cade nel 1916 presso Malga Cosmagnon sul Monte Pasubio[3], meritando la medaglia d’argento al valore militare e il titolo di ingegnere ad honorem. Sette mesi dopo, in località Robbia sul Monte San Michele, cade anche il soldato del Genio Giorgio Schiavi fu Francesco (1895), suo omonimo cugino[4]. Le due morti in trincea funestano la casa dei costruttori Schiavi di Bossico al punto da arrischiarne il prosieguo d’attività: coraggiosamente, il superstite Luigi Schiavi fu Francesco (1899), cugino del primo caduto e fratello del secondo, assume su di sé il compito di dare visione e prospettiva all’arte familiare, iscrivendosi nel 1928 alla Camera di Commercio di Bergamo sotto il progressivo 19.045[5]. Con la ragione sociale di Impresa Schiavi s.p.a. i figli di costui, tra cui l’attuale presidente Paolo, e quindi i nipoti proseguono il secolare impegno di costruire a regola d’arte.

Una buona figura per comprendere tradizioni, come quella familiare e operosa dell’Impresa Schiavi, è il fedecommesso. Si tratta di un dispositivo di legge, molto invocato nei testamenti tra Cinque e Settecento, finché il Codice napoleonico non lo abolisce. Il vincolo del fedecommesso obbliga gli eredi a non liquidare i beni che ereditano. Possono solo migliorarli e tramandarli migliorati a chi verrà dopo di loro sul cammino. Il fedecommesso è un vecchio arnese di legge ma ancora ci ammaestra: non siamo consumatori al capolinea, ansiosi di consumare tutto prima che le luci si spengano; abbiamo il carisma di interpretare la tradizione, il passato, la storia per farne futuro.

Cristian Bonomi

1. M. Bettini, Contro le radici: tradizione, identità, memoria, il Mulino, Bologna 2012.
2. Archivio storico del Politecnico di Padova: 4-130, Schiavi Giorgio, Notizie, prestampato senza data; Ingegneria, 108-F, Schiavi Giorgio, Anni accademici 1911-1912, 1912-1913, 1913-1914; cfr. Piero Del Negro, Gli studenti dell’Università di Padova caduti nella Grande Guerra 1915-1918 in «Quaderni per la storia dell’Università di Padova», 48 (2015), pp. 195 ss.
3. Archivio di Stato di Bergamo, Distretto Militare di Bergamo, Ruoli, 1884, matricola 13072, Giorgio Schiavi fu Maffeo.
4. Ivi, 1895, matricola 521, Giorgio Schiavi fu Francesco
5. Archivio della Camera di Commercio industria, artigianato e agricoltura di Bergamo (ACC), Registro ditte c/o Fondazione famiglia Legler di Ponte San Pietro, 19045, Schiavi Luigi.